Articoli pubblicati di Elisa Mauro

Il Pozzo di San Patrizio

Tutto ebbe inizio, approssimativamente, così. Anno 1999, cinque ragazzi di Salerno decisero di rivoluzionare l'immaginario musicale, che, di lì a poco, sarebbe diventato una struttura portante della scena artistica regionale. Come un fulmine nel cielo più quieto, incominciò presto ad intravedersi lo spiraglio sonoro più idoneo al cambiamento del background sonoro campano. Si decise di sfornare una folk-rock band con l'ausilio di apprendimento e improvvisazione. Si dà inizio all'arte, va bene anche quella di strada, anzi meglio, forgia di più, i contatti sono assicurati e "le barriere con la gente abbattute" - come ama sottolineare Dario De Nicola, voce della band. Anche i concerti nell'interland non si fanno attendere, le richieste diventano sempre più fitte e, intanto, la formazione, dopo varie ri-costruzioni, raggiunge la dimensione definitiva e attuale. Oggi, il Pozzo di San Patrizio è composto da cinque musicisti di straordinario valore, cinque scale, dotate, ognuno a proprio modo, di spiriti e coscienze convergenti. Dario De Nicola è voce del gruppo, con la sua instancabile fisarmonica; altra originale voce è quella della flautista Antonella Manzo, che accompagna Dario nell'esecuzione di alcuni brani e diventa magicamente solista in altri. Il basso è lasciato alla bravura di Dario Triestino, un apologeta del genere più unico che raro, mentre la batteria si abbandona ai ritmi eccelsi di Luca Buoninfante. Ultimo, ma solo per l'attinenza ai doveri di elenco, è il fiato inarrivabile di Alessandro De Marino, suonatore di clarinetto e sax midi.
Iniziarono presto i concorsi ed i festival (in primis, ad Assisi), ma il gruppo decise di muoversi tra i vicoli fiorentini e romani alla ricerca di esperienza e formazione, quella comunemente appresa dai rapporti più diretti con le persone.
Il Pozzo di San Patrizio nasce sulle strade d'Italia, nasce senza scopi di surplus, ma con la sola tentazione di piacere e di farsi piacere. Dove il palco mantiene, in qualsiasi posto, e lo spazio non teme ristrettezze, il Pozzo si mostra con tutta la sua forza per centinaia di serate, fino a quando la Sagaiety Records produce nel 2001 il primo omonimo album del Pozzo di San Patrizio. Nuovamente cambiamenti e spostamenti per i mondi italici alla ricerca di uno stile che potesse rendere al meglio le mani e i fiati diasporici del quintetto popolare. L'uscita del cd, premia il Pozzo e la Francia è disposta a rubare (verrebbe da dire, come sempre, quando si tratta di arte) l'opportunità di far suonare questa nuova musica, nata nel folk irlandese, ma educata dal progressive e contaminata di funky, jazz e reggae. Il Fimu, festival universitario francese, battezza il suono del Pozzo, che si accaparra la prima pagina su Le Pays.
Il primo lavoro del Pozzo di San Patrizio nasce dal desiderio di comunicare senza schermi. Ogni brano ed ogni musica sono stati scritti e studiati per invogliare la gente ad amare un genere che non fosse barricato nel fondale di un dio-stile, ma che, invece, riuscisse a rispettare le contaminazioni sincretiche di più tendenze. Il dialetto salernitano è la condizione per l'ottima riuscita del futuro successo, mentre le musiche sono abbandonate a sentieri vorticosi di funky e folk, rock e progressive. Questa sembra essere la conseguenza più diretta della diversità di musicanti che attengono a scuole melodiche differenti. Dario nasce per il piano, si appassiona al rock più vero degli anni '60 e '70, e, intanto, assesta la sua forza nella fisarmonica; Luca Buoninfante si sfama insaziabilmente di funky e bacchette; Dario Triestino rincorre col suo basso il metal e il rock più duro, ma si rivelerà presto adattabile alla nuance preferita dal gruppo; Antonella ama lo stile dark e nel flauto sperimenta nuove forme di miscele soniche. Alessandro De Marino, pur provenendo dal jazz e dalla classica, punta sulla comunione, sulla consapevolezza del fatto che il nuovo sound sarà quello più appropriato per la rivincita.
Il primo album nasce così nelle differenze e si fortifica con l'accoppiamento discordante tra edonismi differenti ed un unico progetto. Otto nati da questi molteplici parti, otto creature che sommano voci e talenti di inconfutabile dote. Attacchi forti e incisivi, che racchiudono, nella maggior parte dei casi, la morale di ogni musica e l'essenza di abilità paritetiche. Anima dannata si attiene a questa modalità, racchiude il senso del primo periodo (quello da strada) del gruppo salernitano e sarà il saluto ad un celebre fumettista scomparso, Andrea Pazienza. Tempi veloci e temi frenetici anche per l'attacco de Il Ballo della fenice. Do ut des, quarto brano, è quello su cui gli orecchi si sono poggiati senza ritorno, come se il patto con il diavolo fosse stato firmato da scrive. Ascolto in cambio di un altro ascolto e poi ancora per favore… Mietiture, Demi monde ed Eurodiffusione facilitata permettono di aprire una finestra sul mondo, quello visto con gli occhi del quintetto folk. "Il primo album è caratterizzato da una musica più suonata che cantata, attenendoci, in questo modo, alla passione e al cliché che il genere presuppone." - queste le parole di Dario De Nicola, che riassumono il lavoro necessario alla realizzazione del primo progetto.
Nessun brano, a distanza di anni, sarebbe stato cancellato o modificato dal Pozzo, anzi, ancora oggi, durante i concerti, il Pozzo di San Patrizio, brano completamente strumentale del primo album, è il pezzo di apertura e Dario de Nicola sottolinea: "Questi é il brano che portiamo nel cuore da sempre e, in ogni posto in cui suoniamo, riproponiamo al pubblico sei minuti di quella musica".
Sembra quasi irrimandabile l'analogia tra il Pozzo e la Premiata Forneria Marconi, in particolar modo in relazione al successo che il gruppo ha riscosso all'estero. Il gruppo di Salerno è amato, soprattutto, fuori dal circuito musicale italiano, come mai?
A questa domanda i componenti della band dichiarano in totale concordanza, adempiendo alle regole della migliore cadenza salernitana: "L'ostacolo che, in Italia, si diffonda una musica diversa, risiede nella concentrazione del potere discografico nelle mani di pochi, che gestiscono la solita congrega, fatta di legami parentali, il più delle volte, e di favoritismi clientelari. All'estero, l'ascolto di un brano è sentito maggiormente. Nel nostro paese si penalizza la musica suonata, a favore delle solite canzonette…". E continua sulla stessa onda Dario Triestino: "La musica che suoniamo, che rappresentiamo, si rispecchia nei soliti circuiti politicamente orientati. È capitato che all'interno dei festival o delle varie manifestazioni incontrassimo tanti Pozzi e, in Italia, i festival folk sono appannaggio di lobbies e circuiti politici corrotti." Cinque voci diverse parlano la stessa lingua dell'insofferenza nei confronti di truffe e raggiri che, anche, il Pozzo nella sua giovane esistenza, ha dovuto subire. Pseudo-produttori di progetti musicali e reali produttori di imposture hanno contribuito a dar forza al grido di questo gruppo, che, ahimè, come tanti, subisce l'indecorosa volontà del più forte. Non ci meravigliamo di queste denunce, anzi prendiamo sempre più coscienza di un fattore inseparabile dalla nostra cultura e continuiamo ad immergerci nei pensieri del gruppo, nelle loro idee, cercando di sviscerare sentenze che, purtroppo, non rinvigoriranno mai l'esperienza di nessun tribunale. Cause perse dal principio. Ma il Pozzo vuole riaprire quei casi con la forza della musica e l'interconnessione di brani di denuncia e negazioni che parlano di idealismo sano. Le domande e le risposte diventano un dialogo aperto tra Musikbox e i cinque ragazzi. Luca indossa una maglietta psichedelica e un pendente che rappresenta il simbolo del Pozzo di San Patrizio con un trifoglio di rame. Il batterista diventa subito il focolaio di battute e motti di spirito, che rendono la nostra intervista sempre più smaniata. Antonella siede sul divano e indossa lo stesso simbolo, ma, questa volta, è la sua maglietta ad esaltarlo. L'importanza di un modello risiede anche nel suo simbolo, ed il Pozzo questo lo ha compreso dall'inizio. Diffondendo il simbolo si rende più semplice l'identificazione e il riconoscimento di essa, come sentirsi parte dello stesso complesso. L'umiltà e la decenza si confondono tra le ilarità in redazione. Dario De Nicola parla a voce bassa, eppure di voce ne ha da vendere, e muove le mani a tempo di accenti e pause. Ognuno a suo modo incarna uno stile, una musica, come se tanti anni di vita vissuta e di musica suonata, non abbiano intaccato la singolarità esclusiva di ogni membro.
Nuovo anno, nuovo album per il quintetto più intraprendente del proprio genere. Altri Tempi (Sagaiety Records, FRCD126) è il nome del secondo genito e Federico Torre dell'agenzia di management napoletana Magic Dice è pronto a consacrare il legame con la band salernitana. Il mare, i monti nel ricordo della terra natia, ma, soprattutto la pace e il sociale, diventano presto i temi più sviluppati da questi artisti. Spiega la flautista Antonella Manzo: "Nel secondo album abbiamo voluto mettere quello che ci piaceva e basta!". Il progressive, ora, si fa sentire davvero e l'ascolto in redazione azzittisce i presenti. Attacchi straordinari e slanci di musica maestra contagiano il pubblico ascoltatore. Il folk non manca, ma è la via giusta su cui si sviluppa il rock più attendibile.
Altri Tempi, il titolo del secondo lavoro del Pozzo, spiega le ragioni di una scelta musicale diversa dai circuiti sonori contemporanei, e questo non piace alla critica, che si diverte a macchiare fogli bianchi di recensioni in forma cliché, con l'utilizzo di terminologie ormai subdole anche per il giornalismo più gretto: ridondanti. Il pubblico, invece, apprezza sempre di più, ama il Pozzo e lo cerca in tutta Europa. Nulla è lasciato in secondo ordine, tutto è fatto con lo scopo di educare al rispetto per tutti, ogni problema sociale diventa un inno per la giustizia. Brani come Mala Sanità, Filosofia di un Bucaniere incarnano i moti rivoluzionari del quintetto. Do ut des, pezzo ripreso dal primo album, nella musica e nel testo è dannazione e perversione. Il Doctor Faust di Marlow diventa musica e si sviscera nei tempi convulsi dei "limiti dell'uomo, dell'umile sua condizione". Il Pozzo diventa un'immagine, il primo sindacato fatto di musica e di ballo, di strumenti epidemici e condivisibili. E potrebbe sembrare retorico o populista, ma chi scrive conosce questi ragazzi e sa, per certo, che tutto ciò che è stato fatto, aveva come primo obiettivo quello di divulgare una nuova filosofia, o forse, un modus vivendi senza fronzoli e costumi, creato solo per essere una possibilità e non un obbligo.
Torniamo ai loro successi. In Italia, il Pozzo comincia ad essere preso sul serio, mentre in Olanda inizia a fare da eco alla musica nostrana. Si suona, dunque, per eventi importantissimi, come l'Oerol Festival, manifestazione che si tiene sull'isola nel mare del Nord di Terschelling, dove il gruppo folk si è alternato in metrature infinite di stile con i Modena City Rambles, e il Folkwoods, il prestigioso festival di musica folk internazionale, esige, come unica presenza italiana sul proprio palco, il nostro Pozzo. "L'atmosfera, - ricorda il vocalist - simile ad una Woodstock del III Millennio, è stata tale da generare una euforia che si è riversata nei nostri concerti e che la gente ha assorbito e restituito a sua volta." Nel giugno del 2004, i festival di Stadt Fest e Burg Fest, nella Germania dell'Est, applaudono la band di Salerno, mentre il tour non si spegne da questi successi e continua a riscuotere fama, facilmente prevedibile, nei più autorevoli club olandesi, come il Melkweg di Amsterdam, uno delle principali Concert Hall europee. L'anno successivo ci si prepara per altri eventi internazionali. Al Patronaat di Harlem, il gruppo suona con Roy Paci. Il Pozzo di San Patrizio non dimentica di far sentire la sua musica in Italia, in particolare, nelle terre meridionali, sui lidi e nei locali salentini, in quelli siculi si trova il trionfo e Bologna gradisce senza indugi.
È con l'ultimo e terzo album, uscito nel 2006 per la Ethnoworld Records, che il Pozzo avanza verso la popolarità. Lucidamente (EW R010) è il nome scelto e sfere psichedeliche multi-tinte illuminano una copertina nera che esalta in caratteri giallo ocra l'appellativo della band. Un video è dedicato al primo brano in scaletta Tg Show, dove si racconta la storia di uomini e donne intrappolati davanti ad un tubo catodico, impastati di notizie preconfezionate, come cibo in scatola, su cui non compare la data di scadenza. "Con questo lavoro, - spiega Dario De Nicola - volevamo raggiungere un risultato che ci soddisfacesse a pieno, un compito arduo e nella maggior parte dei casi irraggiungibile." E continuano Luca Buoninfante e Dario Triestino: "Lucidamente è filtrato da milioni di cose e di storie. Abbiamo creato un compromesso tra l'idea e il prodotto finale. I primi due album hanno forma chiusa, in cui si voleva esaltare tutto quello che ci piacesse, senza preoccupazione alcuna della critica." Spiega, sempre nella maniera più essenziale e diretta, Antonella: "Non c'è un punto di contatto con gli altri album."; ognuno, infatti, parla una lingua diversa e la musica, in questa ultima raccolta, si adatta maggiormente a forme flessibili di comprensione, pur non abbandonando mai lo stile unico del Pozzo di San Patrizio. L'unico tassello invariato nella realizzazione dei tre album è costituito dalla sperimentazione; nell'ultimo si collauda la forma-canzone.
Mediterraneamente parlando è il brano più folk e spensierato, danzereccio e canzonato, in cui i diversi dialetti mediterranei convivono senza esclusione.
L'impegno sociale e la poesia, i dialetti e gli attacchi straordinari, i cori d'ironia e le sentenze divertite fanno dell'ultimo lavoro un'analisi attenta e coinvolta delle storie più semplici, quelle che spesso tendiamo a rimuovere. In questo modo, nasce Il fuoco alla finestra, dove la guerra non ammette giustificazioni e si esibisce in forma reality-show. Dietro ogni brano c'è un evento, come, in Yasmina, nave pakistana arenata nel porto di Salerno qualche anno fa'. Durante questo periodo, racconta il gruppo, la gente si sedeva sulle panchine del lungo mare ad osservare la nave. La novità diventa spettacolo e la musica arabeggiante di questo ritaglio di vita, una semplice nave arenata, diventano la descrizione sinuosa di in una danza che si compie sul mare. Fatto in corsa, con la collaborazione di un altro gruppo musicale, i Paranza Vibes, è Reggae'n'Folk, brano evoluto all'interno di una ritmica semplice ed efficace e con la magia di "'sta musica che è senza confini". La cosa più bella è scoprire come nascano queste opere, a cosa si ispirino, ma è stato ancora più entusiasmante comprendere che anche un tentativo di scippo a Napoli diventi per questi ragazzi musica.
È il caso di Allucca!, sesto brano della compilation, che in dialetto salernitano vuol dire, appunto, "grida". Il batterista prende la parola, quella un po' arrabbiata, ma fondamentalmente rassegnata ad una realtà che stenta a cambiare e spiega di aver subito questa aggressione, da cui è uscito indenne, e di aver creato il pezzo quasi come fosse un consiglio ad un amico. La fotografia dei tempi imposti, quelli giostrati da un'agenda, che risucchia il potere umano, dei tempi veloci e che non bastano mai, è Facimm' ambress.
L'allegria e la sensatezza sono delle caratteristiche fondamentali nella musica della folk band, ma la riflessione e l'impegno non sono da meno. Ora, il saluto è per un amico perso, Paolo De Crescenzo, e Pablo e la luna farà ballare la sua anima per l'eternità. Nono brano dell'album è Resistenza ad oltranza, che rappresenta un incitamento a non mollare e un monito ad affrontare i sacrifici della vita, sempre nel rispetto e nel mantenimento delle proprie idee. La diversità è qualcosa che fa paura, che provoca l'accelerazione dei battiti e l'ampliamento della salivazione, ma anche dei ritmi di una batteria solista fino ad un ritornello di strumenti unici, che fa da sfondo ad un'insolita scena d'amore tra un cane e un gatto (Gatto + Cane).
Sincerità è un omaggio a Salerno, la città natia, e, ovviamente, nel rispetto di ogni ironia disinvolta, mostra un dito accusatore nei confronti della ipocrisia, anche tra ragazzi, tra gente che convive negli stessi ambienti lustrati di sfoggiati saluti e stereotipi facilmente riconoscibili. Tutto il mondo è paese, ma nel rendere universale il particolare, il Pozzo di San Patrizio ci riesce meglio di ogni altra filosofia musicale. La raccolta si chiude con la dodicesima perla, Serpente d'argento, dove anche il traffico di una strada comune diventa blues e musica sincopata.
Particolarità indomite, compatibilità autonome, vissuti precettori, pazienza da vendere, musica e trasporto, ballo e motti, tutto ciò richiede la conoscenza del gruppo che in Italia ha dominato una scena di nicchia, per pochi (ma, forse, per questo, ancora più buoni) amanti di un genere musicale vecchio come il folk e sempre attuale come il rock.

Pubblicato su Musikbox, rivista di cultura musicale e guida ragionata al collezionismo

Per maggiori informazioni www.ilpozzodisanpatrizio.com

Torna all'elenco delle pubblicazioni