Articoli pubblicati di Elisa Mauro

ARTISTI UNITI PER DIRE NO AL BURQA

Roma. Anche il mondo dell'arte s'interroga sull'ammissibilità del burqa e del niqab in un Paese diverso dalle lontane tradizioni islamiche. Concedere di limitare la libertà delle donne è un punto su cui si focalizza l'attenzione e l'ispirazione di artisti di fama mondiale. In Italia mentre il Parlamento discute sulla proposta di legge che vieterebbe di indossare il velo integrale nei luoghi pubblici, nelle art-factories romane la cerchia d'intellettuali dibatte sulla reale natura di questo indumento, sulle violenze che si nascondono dietro di esso e sulla possibilità di introdurre formalmente molto presto anche in Italia, come nel Belgio e in Francia, una norma che annienti ogni forma di discriminazione contro le donne.

 

Enrico Franchi “E' importante che vengano rispettate le leggi del luogo in cui si decide di vivere. Il burqa, qui, rappresenta una grave limitazione della donna rispetto alle regole maschiliste imposte dai fondamentalisti islamici. E' altresì fondamentale saper discernere la libertà assoluta di ogni madre, che decide deliberatamente di indossare il velo, da quella relativa, che riguarda cioè la costrizione di coprire il volto da parte dei padri e dei mariti.” – dichiara Enrico Franchi, scultore e orafo romano.

L'artista romano con grande interesse spiega infatti come le sue ultime opere siano visionarie prioiezioni dei mali del mondo contemporaneo, inclusi i disastri ecologici provocati dalle grandi fabbriche, la violenza nei confronti dei più deboli e le guerre politicamente accettate che fanno della Terra il pianeta più povero. “Attraverso le mie sculture – spiega Franchi- voglio denunciare ciò di cui l'informazione non parla, o, almeno non abbastanza o fino a raggiungere la coscienza sociale, sempre più incurante e dei problemi che attanagliano la contemporaneità. Credo che il burqa, per giunta, più che essere considerato un'imposizione politica, debba essere visto come l'attenta negazione dei diritti fondamentali di qualsiasi essere umano. E' chiaro che dietro al velo islamico in realtà si nasconda la supremazia dell'uomo sulla donna.”

                                                                     Filippo Vinardi A questo proposito anche Filippo Vinardi, noto fotografo e reporter, da sempre in viaggio per lo studio dell'altro antropologicamente lontano, esprime la sua idea in merito al burqa. Di ritorno in Italia infatti il fotografo afferma che “nonostante sia riconosciuto come uno tra i paesi arabi più occidentalizzati, il Marocco non permette che le donne vengano fotografate, nè viste o tanto meno avvicinate.”

E dopo attenti studi visuali e di ricerca delle tradizioni dei luoghi e del loro adattamento al diritto occidentale, Vinardi si dichiara favorevole ad una legge che vieta la circolazione di donne interamente coperte dal velo nei luoghi pubblici, perchè “il burqa rappresenta una chiara violazione della libertà nei confronti di un essere umano di qualsiasi genere interno alla società, sia del suo diritto alla sicurezza, e quindi alla riconoscibilità, sia in riferimento alle donne stesse e alle loro libertà fondamentali di decidere se vivere come qualsiasi altra donna occidentale, oppure mantenere tradizioni, che comunque non ledano i diritti altrui. Un conto è il convincimento di adesione ad una comunità, ad un'altra cultura, di tutt'altra specie invece è la coercizione attraverso la violenza che spesso si cela dietro a questi costumi” diventati con lo scorrere del tempo e delle guerre ambiguamente religiosi. Accettare questa condizione significherebbe, secondo gli artisti uniti nella battaglia contro il burqa, ufficializzare un uso improprio dei simboli religiosi e abituare le società a base costituzionale e cariche di difesa nei confronti dei diritti universali dell'uomo, agli abusi di potere a discapito dell'umanità presente e futura.  

Per garantire integrazione vera ed efficace, i governi ospitanti devono garantire formalmente le libertà che attengono alle culture di origine, ma non per questo ammettere i mali che provengono dagli estremismi che si sdoganano tra le reti metropolitane di un'Europa che con paurosa velocità integra nel proprio diritto la difesa nei confronti dei più deboli. Non è una questione che riguarda solo la politica, questa; è un sentire comune che si fa largo tra le associazioni culturali, tra gli artisti che espongono la loro visione, con gli occhi e le mani che conducono alle opere d'arte, sulle vie che percorrono quotidianamente, sulle paure che insorgono per il sentire comune, per i figli di tutti e per il loro futuro. Questi artisti parlano anche a nome delle tante persone comuni, donne e uomini, che non possono ammettere le proprie convinzioni e le indiscutibili libertà per paura di possibili persecuzioni, maltrattamenti e pene di ogni genere.

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